L´arbitrato ha origini antiche ed oggi è di fatto l´unica soluzione,
economica e veloce, alle lungaggini della burocrazia e dei Tribunali pubblici!
Il problema riguardante la giustizia ordinaria, come ben sappiamo tutti, legato alla costante carenza di personale e di strutture giudiziarie e alle lungaggini burocratiche esasperanti dei
procedimenti, diviene sempre più pressante, tanto che la necessità di trovare una adeguata soluzione alternativa alle varie controversie insorgenti tra i cittadini e tra le
varie istituzioni è allo stato dei fatti sempre più cogente. A tale proposito, tuttavia, il Codice di Procedura Civile ci offre una importante opportunità determinata
dagli articoli che vanno da 806
all´840 che regolano l´ ARBITRATO (tribunale arbitrale).
Tale procedura del tutto facoltativa è obbligatoria solo
nell´ipotesi in cui il ricorso ad essa sia previsto dalla clausola compromissoria contenuta in un contratto
precedentemente stipulato tra le parti (come i contratti assicurativi nelle clausole che regolano il rapporto tra assicurato e società assicuratrice, come i contratti di lavoro pubblici
e privati [sui quali ci soffermeremo in seguito] , contratti di appalto in edilizie e servizi, controversie condominiali).
L´arbitrato consente lo snellimento della controversia stessa passando attraverso un rapida istruttoria che conduce alla pronuncia da parte di un Arbitro Unico o di un
Collegio Arbitrale di una vera e propria sentenza denominata
LODO , che diventa esecutiva al pari di qualsiasi decisione emessa dagli organi della Giustizia Ordinaria entro 180 giorni dalla
convocazione delle parti con una possibilità di proroga massima di 90 giorni.
L´arbitrato consente la soluzione di qualunque tipo di controversia, tranne quelle aventi per oggetto diritti indisponibili e può
essere richiesto dalle parti in vari
modi: per via contrattuale,
all´atto dell´insorgenza della lite oppure in modo volontario, con la successiva nomina di uno o più arbitri deputati a
emettere lodo. In diversi paesi europei come Francia, Spagna, Belgio, Svizzera, Germania, ecc. la percentuale di liti giudiziarie che vengono portate a soluzione attraverso
l´arbitrato
sono oltre il 60/70%, senza parlare
dell´America che sono oltre al 90%.
Sono stati previsti alcuni tipi di arbitrato : rituale, irrituale, di diritto e di equità, ad h.o.c e amministrato. La differenza tra
l´arbitrato rituale e irrituale
è ben specificata
nell´art. 808/ter c.p.c. e in base a tale norma
l´arbitrato è irrituale quando le parti abbiano stabilito, con disposizione
espressa per iscritto, che la controversia venga definita dagli arbitri mediante una “determinazione contrattuale.
Secondo
l´art. 822 c.p.c. il criterio di giudizio al quale si devono attenere gli arbitri stabilisce che questi devono decidere la controversia secondo le norme di diritto. Tuttavia
possono derogare alla regola generle, disponendo con “qualsiasi espressione” che gli arbitri si pronuncino secondo equità; tale scelta è incompatibile con il rimedio
dell´impugnazione per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. Invece la distinzione tra arbitrato ad hoc e amministrato sta
nell´aspetto
organizzativo e pratico
dell´istituto. Si dice ad h.o.c quando lo stesso viene instaurato e si svolge secondo i criteri indicati dalle parti nella convenzione arbitrale e le regole stabilite
dagli arbitri entro i limiti di legge. Si ha invece arbitrato amministrato quando questo si svolge davanti ad una stabile e specifica organizzazione, che amministra gli arbitrati a richiesta delle parti che si
definiscono Camere Arbitrali, camere di commercio nazionale e internazionali, associazioni di categoria le quali offrono questo servizio predisponendo liste di potenziali arbitri, apprestano strutture di segretariato,
pongono a disposizione locali e dettano regolamenti di arbitrato per disciplinare in modo uniforme tutte le procedure che vengono avviate presso di esse. Tale categoria di arbitrati è oggi regolata dal nuovo capo
VI denominato.
“dell´arbitrato secondo regolamenti precostituiti” e costituito dal solo art. 832 c.p.c..
Oltre
all´arbitrato interno, esterno, internazionale sui quali non mi soffermo perché intuibili dalle parole stesse vi sono arbitrati speciali che in relazione
all´oggetto
vertono su particolari materie disciplinate da normative specifiche come arbitrati societari, diritto del lavoro, ecc. ecc..
I tribunali arbitrali sono tribunali privati, cioè non sono dipendenti dalla giurisdizione dello Stato, e decidendo su controversie in modo definitivo e vincolante, il lodo da loro pronunciato viene
considerato più volte inappellabile essendo per definizione di competenza e documentale cioè il giudice deve avere conoscenza di causa specifica
sull´argomento del contendere e la
decisione viene presa sulla documentazione presentata dalle parti.
Uno dei vantaggi più apprezzati
dell´arbitrato è la riservatezza in quanto le parti prima vengono convocate separatamente, consegnano la documentazione ed espongono il caso e/o
presentano le loro contro deduzioni, a seguire una o più udienze con assenza di pubblico. In questo modo la privacy e la segretezza vengono ampiamente rispettate.
Dopo questa presentazione vengo a fornirvi alcuni cenni storici che vi fanno capire che
l´arbitrato ha origini addirittura mitologiche chiamando in causa i genitori di Achille, Zeus,
la dea Eris che fa litigare Era, Afrodite e Atena le quali nominano un Arbitro nella persona del pastore Paride. A questo punto le tre dee cercano di offrire dei regali al pastore per accattivarsi i suoi
favori e questo accetta il regalo di Afrodite che consiste
nell´amore della bella Elena e qui inizia la guerra di Troia. Come vedete in 7 righe ci sono tutti gli ingredienti peculiari
dell´arbitrato: la vertenza, il compromesso arbitrale, il lodo, e cosa che non deve mai succedere la corruzione
dell´arbitro.
Nell´anno 117 A.C. nei monti
dell´entroterra Genovese due paesini confinanti abitati dai Genuati e Viturii , si contesero una porzione di terreno che entrambi desideravano
sfruttare come pascolo; al tempo per questi casi si ricorreva subito alle armi, invece le due popolazioni in questione pervengono ad un compromesso per la vertenza e nominano arbitri della contesa i fratelli Minuci
con mandato di decidere i limiti della proprietà e le modalità di sfruttamento del pascolo in questione. Il lodo arbitrale venne inciso su una lastra di bronzo che è perfettamente conservata
ancora oggi che venne ritrovata nel 1506 a Serra Riccò presso Genova. Come vedete gli arbitri sono stai scelti sicuramente perché persone di capacità, probità, imparzialità e il
lodo è stato inciso sul bronzo in modo che restasse in eterno.
Nell´età romana dopo un periodo di apparente incertezza si vede il diffondersi
dell´istituto dell´arbitrato che viene usato sistematicamente.
Già nelle dodici tavole, viene separata la figura del giudice da quella
dell´arbitro; sembrerebbe che in quella circostanza sia anche stata stabilita la competenza arbitrale in due precise
occasioni: una legata alla famiglie
el´altra ai confini della proprietà. Ciò sarebbe confermato
dall´etimologia della parola arbitro (colui che viene ad assistere).
Altro elemento che ne comproverebbe
l´esistenza potrebbe essere la citazione classica già usata
all´ora “tre arbitri regolino i confini”.
La differenza tra la sentenza del giudice e quella
dell´arbitro , così come espressa dai romani, è certamente alla base
dell´attuale sistemazione
dell´istituto “a latere” del processo civile.
I tribunali arbitrali a livello interstatale sostituiscono istanze di diritto internazionale pubblico, contribuiscono a risolvere conflitti e servono ad assicurare la pace internazionale (convenzione
dell´Aja,
Corte Internazionale di giustizia). Lo stato delle conoscenza sulla storia
dell´arbitrato si basa, in modo particolare in svizzera, soprattutto per studi relativi al periodo fra le due guerre mondiali
(1919/1938). Nel XIII secolo
l´arbitrato si diffuse
dall´Italia Settentrionale alla Germania;
nell´ambito dell´Impero, quindi,
l´odierno territorio svizzero assunse nel tardo medio evo un ruolo di cerniera fra queste due aree. Per questa ragione solo le fonti regionali e non i documenti classificati secondo i confini degli Stati
territoriali possono dare un contributo allo studio della natura
dell´arbitrato. Prima del XIX secolo non si trova traccia nei documenti di una prassi arbitrale che differenziava gli oggetti di controversia
pubblici da quelli privati.
Desidero ora dare risalto ad alcune recensioni scritte da docenti e ordinari di diritto del lavoro e Costituzionale in occasione del rinvio della legge alla camere da parte del presidente della Repubblica affinchè
queste precisassero meglio le implicazioni che avrebbe avuto
l´arbitrato sull´art. 18 dello statuto dei lavoratori.
Il prof. Giuseppe De Vergottini
dell´università Alma Mater studiorum di bologna scrive: .... in realtà con riferimento al ricorso alla procedura di arbitrato il Presidente non contesta al
Parlamento di poter inserire
l´arbitrato come alternativa alla composizione delle controversie di lavoro. Anzi dice che
l´istituto va valutato “con spirito aperto”. In
proposito il Presidente non ha fatto altro che richiamare quanto già scritto nella giurisprudenza costituzionale e della Suprema Corte di Cassazione quanto alla volontarietà
dell´inizio
della procedura e quanto alla preoccupazione di non pregiudicare gli interessi della parte più debole. Qui vediamo la necessità di avere pari peso delle parti nella controversia.
Il
prof. Antonio Vallebona dell´università Tor Vergata di Roma si sofferma
sull´arbitrato irrituale che per lui
costituisce
un ottimo sistema di risoluzione delle controversie
e non tocca affatto il diritto sostanziale, come si sente dire erroneamente. Infatti le parti di una controversia possono scegliere tra
l´accertamento del giudice, che dichiara il diritto con tutti i
rischi del caso per entrambe oppure una soluzione negoziale ritenuta più conveniente come la transazione o
l´arbitrato irrituale. Anche nel diritto del lavoro la transazione è stata sempre
ammessa, purchè il lavoratore sia assistito da un terzo imparziale, precisando che è assolutamente normale che la soluzione negoziale possa essere affidata ad un arbitro
imparziale.
L´importante è che la scelta per la soluzione negoziale sia libera. Ed infatti la legge prevede espressamente che le organizzazioni sindacali (non una qualsiasi organizzazione ma una
di quelle maggiormente rappresentative sul piano nazionale)hanno il potere di definire quali sono le liti compromettibili in relazione alle diverse aree contrattuali ed alle specificità di ognuna di esse. Gianpiero
Proia
dell´università Roma Tre ribadisce più semplicemente che il legislatore non consente che il singolo lavoratore possa stipulare una clausola compromissoria ove non vi sia
stato “autorizzato” dal contratto collettivo (e ovviamente nei limiti in cui questo no lo autorizzi). Invece il prof. Michel Martone della LUISS Guido Carli, dice che in generale per un giovane precario
che vuole far valere i propri diritti è sicuramente preferibile un arbitrato per equità che si concluda rapidamente e con costi legali certi, invece che andare in causa dinanzi
ad un Giudice Ordinario dove la causa dura minimo da tre a cinque anni con costi sicuramente maggiori. Purtroppo ancora una volta le infondate paure dei padri di perdere
l´art. 18 prendono il
sopravvento sulle ragioni dei figli che avrebbero diritto almeno ad una giustizia più veloce e meno onerosa.
Ora ci sarebbe da parlare approfonditamente
sull´arbitrato dei contratti pubblici che prende origini dal
d.lgs. 12 aprile 2006 n° 163 così detto codice “DE LISE” che ha unificato
tutta la disciplina, compresa quella arbitrale, degli appalti e concessioni di lavori , servizi e forniture, definiti in maniera unitaria e onnicomprensiva dei contratti pubblici.
Oggi pertanto in luogo della dicitura “arbitrato degli appalti pubblici” o “arbitrato dei lavori pubblici o opere pubbliche” per identificare
tale arbitrato si usa il termine “ arbitrato dei
contratti pubblici”.
I primi cento anni di storia della risoluzione stragiudiziale delle controversie in materia di appalti pubblici sono stati caratterizzati da un arbitro prevalentemente di natura rituale, integrato in parte da disposizioni
speciali, obbligatoriamente affidato,per quanto riguardava le controversie statali, dei capitolati generali, come il capitolato delle opere dipendenti dal ministero dei lavori pubblici del 28 maggio 1895 (oggi abrogato).
Un periodo questo che già allora vedeva il pendolo della legge oscillare continuamente tra
l´obbligatorietà e la facoltatività
dell´arbitrato. Tant´è che nel tempo tale strumento di risoluzione stragiudiziale veniva opportunamente depurato dai connotati di illegittimità attraverso
l´introduzione con
l´art. 47 del D.P.R. 16 luglio 1962 n. 1063 della declinatoria. Successivamente lo stesso Legislatore con
l´art.
16,1.10 dicembre 1981 n. 741, attribuiva il potere di declinatoria, in via esclusiva, alla stazione appaltante, in aperta violazione dei precetti costituzionali, che vietavano
l´arbitrato
obbligatorio. Si rendeva pertanto necessario
l´intervento della Consulta, che con la storica sentenza n. 152 del 1996, ristabiliva la necessaria volontarietà
dell´arbitrato
e rassegnava anche
all´appaltatore il potere di declinare
l´arbitrato in favore della giustizia ordinaria.
Con il passare degli anni, la nuova disciplina
dell´arbitrato uniforme dei contratti pubblici va infine raccordata con le regole contenute nel capitolato generale D.M. .145/2000
tutt´oggi vigente, in mancanza di espressa abrogazione ed esattamente negli articoli 32 e 33 che riguardano rispettivamente la <definizione delle riserve al termine dei lavori>, fissando il
termine di novanta giorni con decorrenze diverse; il cui inutile decorso legittima
l´appaltatore a intraprendere il giudizio ordinario o arbitrale.
L´arbitrato
è ad oggi un importante punto di accesso cui rivolgersi
nell´ipotesi
in cui si intenda far decidere una controversia senza fare ricorso
all´Autorità
Giudiziaria Ordinaria.
Basta guardarsi intorno,
l´intensificarsi dei rapporti sociali non coincide con
l´affermarsi di un più spiccato senso comunitario che riconosca il valore
dell´azione responsabile, fondata sul rispetto reciproco e sul riconoscimento della pari e comune dignità umana.
Sono sempre più convinto che il buon rapporto e il capirsi reciprocamente ci aiuti a vivere serenamente; per me i forti non sono i così detti vincenti, ma coloro che sono passati
all´azione vivendo realmente, imparando dalle sofferenze tramutandole in esperienza e umiltà. Non dimentichiamo mai che donare un sorriso ad una persona bisognosa, non costa nulla ma conta tanto!
Questo è lo spirito che tutti noi dovremmo avere ogni momento, ogni giorno e in ogni circostanza, no facciamo perdere del tempo e sprecare dei soldi alle persone, facciamole spendere il giusto per una giusta causa.